Il potere della mente - psicologia e organizzazione aziendale

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Il potere della mente

salute


SESSO & SEDUZIONE
Manuale di Psicologia della Seduzione





POTERE PERSONALE

1.1 - Seduttori si diventa

Migliorare la nostra vita di relazione? Conquistare la persona che desideriamo in poco tempo? Rendere più appagante la tua vita sessuale? Questo non solo è possibile, è anche facile e divertente, tanto più perché non è necessario altro che attingere a capacità di cui siamo già in possesso. L’unico sforzo che dobbiamo fare è trovarle dentro di noi e tirarle fuori con fiducia e determinazione.
L’avere carisma, l’essere intriganti ed ammaliatori, il magnetismo e il fascino sono tutte caratteristiche che hanno poco a che spartire con la bellezza fisica, con il denaro, con la posizione sociale. Sono piuttosto le capacità comunicative a rappresentare le carte vincenti dei migliori maestri nella storia della seduzione. Tanto è vero che gli assi nella manica dei grandi seduttori, da Casanova a Don Giovanni, non rientrano affatto nella sfera dei tratti estetici, ma sono più che altro da ricondurre alla loro competenza e maestria sotto il profilo comunicativo. In poche parole è tutta questione di potere personale: credere in se stessi, conoscere i propri valori e obiettivi, sapere dove si sta andando, saper comunicare agli altri la propria identità e la propria missione.
Chiunque di noi, anche se non avvantaggiato da una particolare avvenenza estetica, può apprendere ed acquisire specifiche strategie di comunicazione e di comportamento, migliorando in modo sostanziale le proprie abilità di conquistatore. Basta allenarsi in modo costante nell’applicazione di questi modelli e verificheremo ben presto una facilità e naturalezza insperate nel creare nuove relazioni sociali.
Avere il conto in banca di Bill Gates, essere belli come Brad Pitt o Sharon Stone, guidare una sfavillante Ferrari: è fin troppo semplice credere che siano queste le qualità che servono per sedurre una persona. E’ facile attrarre se si hanno a disposizione queste armi: possono funzionare, certo, ma sono questi oggetti a sedurre, e non le persone che li posseggono. Ed un rapporto basato sull’attrazione dei beni materiali non ha nulla a che vedere con la capacità del buon seduttore.
In realtà l’individuo non cerca i soldi, né la bellezza,né i beni materiali; cerca la soddisfazione dei propri  valori, soddisfazione che si realizza vivendo specifici stati d’animo. La chiave della seduzione sta proprio qui: se riusciamo a soddisfare le esigenze emotive di una persona, rappresenteremo per lei l’appagamento delle sue necessità emozionali e, di conseguenza, instaureremo una vera dipendenza nei nostri confronti. In questo modo finirà, nel giro di poco tempo, con il perdere la testa per noi.
In quanti film romantici la protagonista si innamora di una persona qualunque, piuttosto che del belloccio facoltoso e circondato dal lusso? E non fa che ripetere quanto si senta ricca, proprio come se vivesse in un lussuoso appartamento pieno di oggetti ed accessori costosi. Insomma, se non possiamo comprare una Ferrari per sedurre una persona, possiamo farla salire sulla nostra auto e farla sentire proprio come se stesse su un’auto di lusso: dobbiamo solo modificare il suo stato d’animo, le emozioni interiori che lei prova salendo in macchina accanto a noi.
Immaginiamo di dover vendere una casa. Abbiamo di fronte una coppia appena sposata che sta visitando le stanze, il soggiorno, lo splendido e luminoso terrazzo. Già immaginano le feste che potranno organizzare con gli amici e le divertenti serate a base di carne alla griglia e vino rosso. Così come le romantiche cenette a lume di candela nelle quali si doneranno il loro amore. E allora cosa stiamo vendendo noi, delle mura su un terreno? O non stiamo forse vendendo emozioni? Certamente le seconde!
Il punto centrale dunque, la cosa più importante al riguardo, è determinare in quale stato d’animo le persone finiscono con l’innamorarsi e con il sentirsi attratte in modo naturale. Hanno bisogno di provare passione, attrazione, eccitazione? Oppure divertimento?  Bisogna solo capirlo e riuscire ad instaurare in loro questi stati emotivi.
Riuscire a farlo è molto più semplice di quanto non si pensi: come vedremo più chiaramente nelle prossime pagine, ognuno di noi è infatti in grado di rievocare qualunque stato d’animo desideri, semplicemente attraverso un uso sapiente delle parole e della comunicazione.

1.2 - Jukebox mentale
Spesso si paragona la mente umana ad un computer in cui sono installati quei programmi grazie ai quali funzionano tutti gli apparati e gli elementi del corpo umano. Proviamo invece ad utilizzare una metafora diversa: proviamo a pensare alla mente umana come ad un jukebox, un contenitore di dischi musicali e di canzoni. Allo stesso modo infatti la mente tende a trattenere ed immagazzinare ad un livello inconscio tutti i ricordi e tutte le esperienze che ognuno di noi vive, proprio come se fossero delle canzoni, milioni di canzoni.
Con il jukebox, quando più ci piace, possiamo scegliere un titolo tra i tanti disponibili, selezionarne il relativo pulsante e aspettare che la macchina musicale lo prelevi tra tutti quelli contenuti, lo posizioni sotto la puntina e lo faccia girare. E a noi non resta che ascoltare la canzone. Allo stesso modo, come nel caso delle nostre canzoni preferite, possiamo accedere ai nostri ricordi più belli, più emozionanti o utili in una data situazione, quando più lo desideriamo. Cosa che vale, purtroppo, anche nel caso dei ricordi che invece preferiremmo dimenticare. Per farlo dobbiamo solo ricorrere a specifiche ed apposite modalità: così facendo avremo la possibilità di accedere, quando ne abbiamo voglia o necessità, a stati d’animo positivi, allegri, emozionanti, e quindi potenzianti, vissuti in precedenza.
Uno di questi metodi è noto con il nome di ancoraggio. In pratica attraverso la tecnica dell’ancoraggio possiamo risalire ad uno stato d’animo, ricordandolo e quindi rivivendolo nel presente, direttamente a partire da uno stimolo cui lo abbiamo legato, stimolo che può essere delle più svariate nature. Ad esempio possiamo associare un momento di grande sicurezza al gesto di stringere con forza il pugno: in questo modo, ogni volta che avremo bisogno di un po’ di carica, ci basterà ripetere il gesto del pugno per rivivere istantaneamente quelle emozioni ad essa associate.
L’importante è saper chiedere il disco più adatto rispetto alle varie situazioni che viviamo. Una canzone che sia allo stesso tempo sentimentale e dotata anche di un ritmo allegro e dinamico, non sarebbe molto efficace: sono due generi difficilmente compatibili. Ci vuole dunque un po’ di attenzione e precisione. Altra condizione da rispettare per poter utilizzare il nostro jukebox mentale delle emozioni e dei ricordi è che dobbiamo aver vissuto in prima persona l’esperienza cui si riferisce il disco. Se non abbiamo mai vissuto quella data esperienza, non possiamo richiamarla alla
memoria per utilizzarla nel presente come supporto potenziante o per rifornirci di nuova energia.
Alla luce di questa condizione, è evidente quanto sia importante e necessario allargare i nostri orizzonti, vivere in modo pieno, accumulando il maggior numero di esperienze possibili. In questo modo amplieremo sia il cerchio delle nostre conoscenze, arricchendoci come persone grazie al confronto con realtà diverse dalla nostra, sia la nostra mappa, ovvero quegli schemi interpretativi con cui cataloghiamo e diamo senso al mondo che ci circonda.
Esiste tuttavia un piccolo espediente, da utilizzare nei casi in cui non possiamo proprio fare a meno di un’esperienza che non abbiamo ancora vissuto: possiamo usare un po’ di immaginazione e cercare di visualizzare quell’esperienza, visto che non ci siamo mai concretamente confrontati con essa.
Visualizzare significa creare nella nostra mente dei veri e propri filmati molto particolareggiati e realistici: in questo modo il nostro cervello non riuscirà a distinguere facilmente la realtà vissuta davvero dalla realtà che abbiamo solo costruito con la nostra immaginazione. Per questo la situazione visualizzata è comunque utile per avere un’influenza concreta nella realtà e per realizzare davvero l’evento che avevamo solo immaginato.
Facciamo un esempio attinente con il tema centrale di queste pagine, la seduzione. Mettiamo il caso di non essere ancora riusciti a sedurre la persona che ci interessa e che stiamo tentando di conquistare, il nostro cosiddetto “potenziale partner” (d’ora in avanti ci riferiremo a questo termine neutro per indicare sia un uomo che una donna). Prima di incontrarlo proviamo a visualizzare il nostro appuntamento. Immaginiamoci con il potenziale partner, in splendida forma, mentre lo affasciniamo, parlandogli in modo seducente. Dobbiamo pensare a tutto nei minimi particolari, magari ricollegandoci a situazioni simili in cui ci siamo trovati con altri partner. I nostri sguardi, i gesti che facciamo, il modo in cui questa persona reagisce alle nostre parole e finalmente cede alla nostra corte. Così facendo riusciremo a creare una ottima base per la nostra reale vittoria seduttiva.
Quella di cui abbiamo appena parlato è la cosiddetta visualizzazione, una delle tecniche di cambiamento e potenziamento personale più potenti ed efficaci. Il potere delle visualizzazioni è davvero molto vasto perché ci consente di creare, con la semplice immaginazione, un disco per il nostro jukebox mentale con tutti i contenuti che desideriamo.
Alcuni esperimenti scientifici lo dimostrano chiaramente. Uno dei più sorprendenti è stato condotto su un diverso numero di atleti, suddivisi in due gruppi. Una parte dei soggetti sono stati allenati attraverso una serie di esercizi fisici molto duri e faticosi; gli altri atleti invece dovevano allenarsi in modo solo immaginario, con esercizi a livello puramente mentale. Dopo alcune settimane vennero registrati i risultati sportivi dei due gruppi: quelli ottenuti dagli atleti allenati a livello mentale furono praticamente identici al gruppo di chi si era allenato in modo tradizionale, trascorrendo settimane di intensissimo lavoro fisico. Quanto conta allora l’immaginazione e quanto è grande l’influenza della mente?
Un ulteriore esperimento è stato condotto su alcuni studenti: suddivisi a metà, vennero assegnati a due diversi insegnanti. Al professore del primo gruppo fu detto che si trattava di ragazzi particolarmente dotati, dei geni. All’altro fu detto invece che avrebbe dovuto domare un gruppo di ragazzi indisciplinati e dalle ridotte capacità intellettive.
Quale pensiamo che sia stato il risultato nel caso dei due gruppi? Il primo gruppo di studenti confermò doti intellettuali brillanti e facilità di apprendimento, al contrario del secondo, i cui risultati furono piuttosto scadenti. Quindi le diverse convinzioni degli insegnanti furono determinanti: il risultato infatti non dipendeva dal fatto che i primi fossero realmente dei geni o i secondi realmente meno intelligenti, ma piuttosto dalle differenti credenze degli insegnanti. In base ad esse i due si erano comportati in un modo particolare che aveva influenzato la reazione dei ragazzi. Il primo li aveva trattati da geni, trasmettendo loro tanta sicurezza, rispiegando con molta disponibilità e in modo più comprensibile le lezioni che loro non capivano. D’altra parte erano dei geni e quando non capivano, sicuramente la colpa non era loro, piuttosto sua. Al contrario, il secondo insegnante non rispiegava mai una lezione: sarebbe stato solo tempo perso, visto che aveva a che fare con studenti in apparenza piuttosto lenti; quindi procedeva con il suo programma senza preoccuparsi del loro livello di apprendimento. Di conseguenza, a poco a poco, i suoi studenti cominciarono davvero a pensare di non essere bravi e l’insegnante trovò così la conferma di quello che gli avevano premesso sui suoi ragazzi. In definitiva, ciò in cui si crede tende a realizzarsi sempre.
Anche il cosiddetto “effetto placebo”, proprio della scienza medica, è la prova di quanto sia forte il potere della mente e delle nostre convinzioni, persino nella guarigione da alcune malattie.
Semplici pasticche di zucchero a volte si sono rivelate efficaci al pari di antibiotici o medicine specifiche, se al paziente cui erano somministrate veniva detto trattarsi dell’ultimo ritrovato scientifico in fatto di guarigione. Incredibile, ma vero. Allo stesso modo si può verificare l’effetto opposto, definito “nocebo”: se ad esempio dopo un pranzo fra amici, uno dei commensali si sente male e qualcuno tra loro suppone che la causa sia da attribuire alle pietanze mangiate durante il pasto, sarà facile che anche altre persone comincino a sentirsi male, accusando gli stessi sintomi. La suggestione insomma, ciò in cui si crede, è spesso più potente di qualsiasi altra medicina.
Alcuni anni fa, Richard Bandler, uno dei fondatori della Programmazione Neuro-Linguistica, voleva addirittura commercializzare le “pillole di placebo”, presentandole come la prima medicina al mondo per la cura di qualsiasi malattia e priva di qualunque effetto collaterale. Un’idea niente male, che sicuramente avrebbe guarito moltissime persone dalle più comuni malattie psicosomatiche: mal di testa, ulcere, depressioni. Queste malattie, oggi molto diffuse, sono solo uno dei numerosi effetti negativi prodotti da una mente male indirizzata, perennemente concentrata sui mali del mondo, sulle proprie sventure e sugli insuccessi. Una mente che però è talmente potente che, se utilizzata nel modo corretto, può offrire un numero straordinario di risorse, non appena e abbiamo bisogno. Una mente che può permetterci dunque di conquistare la persona che desideriamo in poco tempo, lasciandola affascinata e magneticamente attratta dalla nostra personalità.

1.3 - Convinzioni
Riassumendo quanto detto fino a qui, è evidente che tutta la nostra vita si basa sulle nostre convinzioni, su ciò in cui crediamo o non crediamo. Proviamo ora a pensare a che tipo di convinzioni dominano le nostre giornate. Sono di quelle che possono potenziare i nostri risultati o piuttosto sono di tipo limitante? E cosa succederebbe se ognuno di noi potesse scegliere liberamente ciò in cui credere?
Potremmo finalmente liberarci di ogni blocco e di ogni pensiero non produttivo. Esiste un aforisma davvero illuminante a questo proposito: noti testi di aeronautica affermano che “il calabrone abbia un peso tale che in rapporto alla dimensione delle sue piccole ali, secondo le leggi della fisica, non potrebbe volare... ma il calabrone non lo sa e vola lo stesso!”.
Facciamo un esempio concreto: mettiamo il caso che siamo convinti di essere timidi. O insicuri. O addirittura di essere dei buoni a nulla. Magari lo pensiamo perché da piccoli ci hanno affibbiato questa etichetta, e noi abbiamo continuato a portarcela dietro durante tutta la nostra crescita, convincendocene ogni giorno di più. Di conseguenza abbiamo agito sulla base di questa etichetta. E' un processo definito “imprinting”, secondo il quale noi imprimiamo nella mente un evento che giudichiamo significativo e poi continuiamo ad agire in modo coerente ad esso.
A scoprirlo fu uno zoologo e psicologo austriaco, Konrad Lorenz, dopo una serie di esperimenti portati avanti con gli anatroccoli. Appena nati, i piccoli associavano alla loro mamma il primo essere vivente in movimento che si trovavano di fronte.
Vedendo per primo lo scienziato, si convincevano che fosse lui la loro madre e lo seguivano proprio come avrebbero fatto con la vera mamma anatroccolo, che invece ignoravano del tutto.
Proprio come è successo agli anatroccoli, se da bambini ci hanno detto che non sapevamo disegnare,  qualche compagno dell’asilo magari ci ha detto che il nostro disegno era sgraziato, o ancora se noi stessi ci siamo detti che quello che avevamo disegnato era qualcosa di non corrispondente alle nostre intenzioni, sulla base di questo imprinting ci siamo costruiti una convinzione negativa. Per tutti gli anni a seguire ci siamo comportati di conseguenza, rafforzando così l’idea e gli effetti pratici della nostra identità di persone artisticamente poco capaci.
Eventi anche molto lontani nel tempo, che oggi giudicheremmo magari anche insignificanti, ma che da bambini ci hanno colpito molto, sono dunque la base delle nostre convinzioni. Tuttavia, visto che esse sono nate a partire da un evento cui abbiamo attribuito importanza e fondatezza, allo stesso modo possiamo però cambiare, ed in maniera altrettanto facile e veloce.
Oggi possediamo nuove risorse che prima non avevamo a disposizione, che possono consentirci di gestire meglio le emozioni, di scoprire il funzionamento dei nostri processi mentali. In sintesi, di guadagnare la consapevolezza del fatto che quanto gli altri dicono di noi è solo parte della loro mappa del mondo, non è la realtà oggettiva delle cose. Del resto, anche le nostre stesse convinzioni si originano da esperienze che non sono la realtà, ma sono soltanto la nostra personale interpretazione della realtà.
Nel suo libro “PsicoCibernetica”, il chirurgo estetico Maxwell Maltz riporta alcuni episodi davvero stupefacenti di persone che, a seguito di un intervento estetico, continuavano a non piacersi; addirittura casi in cui le persone continuavano a vedere il proprio naso storto. Questo perché l’intervento del chirurgo aveva modificato il loro aspetto esteriore e non, naturalmente, l’immagine interiore che avevano di loro stessi. Casi in cui sarebbe stato necessario piuttosto un supporto di tipo psicologico. Insomma, quello che pensiamo di noi è quello che trasmettiamo non solo agli altri, ma prima di tutto anche a noi stessi. E l’autostima altro non è che una convinzione su chi siamo e su quello che sappiamo fare.

1.4 - Ciclo del successo
Una delle metafore utilizzate più di frequente nell’ambito dei corsi di motivazione e leadership personale è quella della camminata sui carboni ardenti. Carboni veri, che ardono realmente, ad una temperatura che oscilla tra i seicento e gli ottocento gradi. Ci si trova lì, all’inizio della pista, con di fronte circa sei metri di ustionante carbone che brilla e fiammeggia rosso nella notte buia. Sembra impossibile riuscire a trovare il coraggio di appoggiare i nostri delicati piedi, che si scottano soltanto camminando sulla sabbia di una spiaggia scaldata dal sole, in quel manto incandescente. Non è possibile. Non possiamo farcela senza aiuti chimici o senza un trucco. Un limite troppo grande?
No, solo una convinzione molto grande. Come facciamo a rinunciare a questa nostra convinzione, che quel carbone non ci ustionerà i piedi? La risposta è una: la nostra mente. Concentrazione, un lavoro di ricostruzione delle nostre credenze, un grido a squarciagola per darci carica ed energia, e si parte. Con il cuore che batte forte, camminando passo dopo passo, in un batter di ciglia siamo arrivati alla fine. Incredibile, ce l’abbiamo fatta, abbiamo superato un limite che ritenevamo invalicabile, siamo arrivati indenni al nostro traguardo. Nessuna scottatura, solo tanta emozione e nuove motivazioni.
Una volta capito il funzionamento di questo meccanismo, siamo in grado di cambiare qualsiasi nostra convinzione, eliminando comportamenti improduttivi e abitudine nocive. Un meccanismo che ci restituisce il possesso del nostro corpo e del nostro spirito. Come abbiamo fatto a non bruciarci e ad accedere a queste nuove incredibili risorse?
Semplice, attivando quello che si chiama “ciclo del successo”: la nuova credenza che abbiamo ci ha focalizzato su quello che siamo in grado di fare e ha aperto le porte a nuove risorse. Risorse che abbiamo sempre avuto ma che non sapevamo di possedere, risorse cui ora possiamo accedere quando vogliamo.
Dalle risorse poi si passa all’azione: adottiamo cioè nuovi comportamenti che ci forniscono nuovi e insperati risultati. Risultati positivi che non fanno altro che andare a confermarci l’effettiva esattezza della nostra credenza. In questo modo ci consentono di accedere con convinzione sempre maggiore alle nuove risorse. E così via, in un ciclo infinito di successo (o di insuccesso, qualora la credenza iniziale sia di tipo limitante).
Immaginiamo due amici, uno molto timido e sfiduciato, l’altro sicuro di sé e molto fiducioso.
Entrano in un bar, si siedono al tavolino; due ragazze sedute al tavolino vicino li guardano e si mettono a ridere. Cosa pensiamo che succederà?
Semplicemente il primo ragazzo penserà che lo stanno prendendo in giro e stanno ridendo di lui; il secondo invece crederà di aver sedotto altre due ragazze solo con il suo sguardo. Qual è la verità?
Nessuna delle due, o meglio entrambe. Per ognuno di quei ragazzi quella è l’unica verità, l’unica che va a confermare le proprie convinzioni di partenza. In realtà le due ragazze potrebbero aver riso per tutto altro motivo, ma non è questo che ci interessa. A noi interessa capire solo che le convinzioni che noi abbiamo vengono confermate in ogni caso, nel bene e nel male, nel potenziante e nel limitante. Il grande Henry Ford, fondatore della omonima casa automobilistica, diceva che “se tu pensi di potercela fare o di non potercela fare, hai comunque ragione”.
Il ciclo del successo (credenza > risorsa > azione >risultato > credenza), ci porterà comunque a confermare le nostre idee, quali esse siano.
La questione dunque non è nella verità di una credenza, ma nel suo effetto e nei risultati che otteniamo. Se noi crediamo di essere timidi, come ci comporteremo ad una festa? Ci daremo da fare e andremo a conoscere le persone che ci interessano, oppure staremo tranquilli e buoni con le poche persone che già conosciamo? E soprattutto, quanto impegno ci metteremo a uscire fuori dai nostri schemi? Molto poco. E se invece cominciassimo a credere che siamo degli ottimi seduttori, cosa faremmo? Non importa se questo sia vero o no, sicuramente daremo il massimo, ci impegneremo fino in fondo per ottenere il nostro obiettivo.
Passeremo all’azione con sicurezza e determinazione; e questa stessa sicurezza la trasmetteremo agli altri.
Immaginiamo un venditore: se parte già sfiduciato perché non crede nel prodotto o non crede in se stesso, in che modo comunicherà ai clienti? E così quando il cliente gli dirà di no, egli penserà “Lo vedi che avevo ragione? Non sono affatto un grande venditore!”. Se al contrario fosse partito con maggiore fiducia, con delle credenze potenzianti, avrebbe trasmesso sicurezza e sicuramente avrebbe ottenuto risultati migliori. E se anche qualcuno gli avesse detto di no, sarebbe andato avanti con determinazione e appena ricevuto un sì, avrebbe pensato “Lo vedi che avevo ragione? Sono un grande venditore!”. Alla fine abbiamo sempre e comunque ragione. Sta solo a noi decidere che direzione prendere, se entrare nel ciclo del successo in senso potenziante o limitante.
E allora non vogliamo più sentirci insicuri e titubanti? Vogliamo diventare determinati? Basterà andare alla ricerca, nella nostra memoria, nel nostro jukebox mentale, di tutte le volte che ci siamo sentiti sicuri di noi, delle situazioni in cui ci siamo comportati come se nulla potesse fermarci.
Prendiamo questi riferimenti positivi e mettiamoli insieme: dobbiamo creare una solida base per la nostra nuova convinzione.
Il celebre formatore internazionale Anthony Robbins, nei suoi testi motivazionali, utilizza la metafora del tavolo per descrivere una convinzione.
Immaginiamo un tavolo e le gambe che lo sostengono. Il piano del tavolo è la convinzione, le gambe sono quei riferimenti e quelle esperienze della nostra vita che la confermano, su cui quindi poggia la convinzione. Noi ne possiamo creare da zero una qualsiasi che ci sia utile ad affrontare la vita con maggiore forza e coraggio, attaccando nuove gambe a nuovi piani.
Vogliamo smettere di essere timidi? Disegniamo il tavolino della timidezza, con tutti i suoi riferimenti.
Chiediamoci se sono ancora validi. Ad esempio il fatto che la mamma ci definiva timidi da piccoli significa per forza che siamo timidi ancora oggi? E il fatto che ci piaceva stare da soli significa per forza che siamo timidi? Forse siamo solo un po’ riservati, o semplicemente stiamo bene con noi stessi, laddove molte persone si sentono realizzate solo quando sono in compagnia. Forse questo è un gran segno di sicurezza, non di timidezza. E infine chiediamoci quanto ci è costato finora vivere con questa etichetta sulla spalle. Quanto ci è costato, e quanto ci costerà ancora vivere con l’identità di persone timide?
Quante opportunità abbiamo perso a causa di questa nostra credenza limitante? E allora decidiamo ora di sentirci degli ottimi seduttori! Andiamo a cercare nella nostra mente, nel nostro jukebox di ricordi, il disco giusto, proprio quel disco che contiene tutti gli episodi in cui ci siamo sentiti affascinanti o in cui qualcuno ci ha considerato tali. Prendiamo questi riferimenti e utilizziamoli come gambe del nostro nuovo tavolino e cominciamo subito a credere che effettivamente siamo persone magnetiche. Ora, prendiamo questa convinzione e visualizziamola nella nostra mente, come un'immagine solida, nitida, luminosa e vicina a noi. Con una cornice altrettanto solida, marmorea, irremovibile, salda. Incidiamo su di essa la nostra convinzione: “io sono un ottimo seduttore”. Ora, ogni volta che lo riteniamo opportuno, guardiamo questa immagine, visualizziamola con l'occhio della mente: in breve tempo, ci convinceremo a tal punto di essere quello che abbiamo deciso, che ci comporteremo da persone affascinanti e magnetiche in ogni occasione.
E alla fine il nuovo modo di comportarci, basato sulla nuova credenza di noi e di quello che siamo, forgerà la nostra nuova identità. Identità che però stavolta ci siamo scelti e che rispetta pienamente i nostri valori, senza dipendere da interferenze e commenti esterni.

1.5 - Livelli di cambiamento
Uno dei maggiori esponenti della Programmazione Neuro-Linguistica, Robert Dilts, ha teorizzato che l’essere umano agisce nella sua vita su cinque livelli, ognuno dei quali riguarda e comprende un determinato ambito della nostra esistenza.
Immaginando che questi livelli si trovino su un bersaglio ideale, cinque cerchi concentrici, possiamo partire dall’esterno fino ad arrivare ai nuclei più profondi:
- Ambiente: l’anello più grande, ovvero quello più lontano dal centro, rappresenta l’ambiente esterno, il luogo nel quale viviamo, agiamo, pensiamo. Se dovessimo identificarlo con una frase, potremmo dire che qui sono contenuti tutti gli aspetti della vita che riguardano il “dove”.
- Comportamenti: all’anello seguente si trovano i nostri comportamenti, ovvero quello che facciamo, il modo in cui agiamo. Questo secondo livello risponde alla domanda “cosa?”.
- Capacità: proseguendo verso il centro si trovano poi le capacità, cioè tutto quello che sappiamo e possiamo fare; livello che risponde a sua volta alla domanda “come?”.
Quelli considerati fino a qui sono i tre cerchi più esterni, quelle che metaforicamente possiamo definire come le “foglie” di un albero, in contrapposizione invece alle “radici”, la parte più profonda che andiamo ora ad analizzare. Proprio come in un bersaglio, che rappresenta ogni persona nella sua interezza, ci sono un insieme di anelli concentrici; dall’esterno fino al centro, dove si trova il nucleo:
- Valori/Convinzioni: ciò che per noi è importante e ciò in cui crediamo, dunque la risposta alla domanda “perché?”; sono le leve motivazionali che ci spingono ad agire e che influiscono sulle nostre azioni e comportamenti.
- Identità: al centro di tutti i vari livelli è posizionata l’identità, quello che siamo o crediamo di essere, la nostra essenza spirituale, il nostro modo di vivere come essere umani; livello che risponde alla domanda “chi?”.
Ecco allora che per modificare davvero le proprie abitudini e le proprie convinzioni è necessario partire dai livelli più profondi. Perché tutte le volte che ci mettiamo a dieta non riusciamo nel nostro intento? Partiamo sempre armati delle migliori intenzioni, ci impegniamo al massimo, eppure dopo qualche tempo, che sia solo qualche giorno o qualche settimana, ricadiamo nei vecchi schemi comportamentali e ci lasciamo andare alla nostra golosità. L’errore sta nel metodo. Non possiamo pretendere di cambiare una nostra credenza agendo a livello dei comportamenti, dunque al livello più esterno. E’ piuttosto difficile smettere di mangiare la cioccolata, se non avremo prima modificato la nostra convinzione che i dolci siano una delizia e che mangiarli migliori il nostro stato d’animo. I livelli esterni (ambiente, comportamento, capacità) non possono modificare i livelli profondi (convinzioni/valori, identità); possono avere al più solo una leggera influenza. Al contrario, se agiamo su identità e credenze, se modifichiamo cioè le radici del nostro albero, avremo un vero e proprio terremoto a livello delle foglie. La teoria del caos si chiede: “può un battito d’ali di una farfalla in Brasile creare un uragano in Texas?”.
Potenzialmente sì. E allora se questo è possibile, dandoci l’etichetta di persone golose e la convinzione che i dolci ci appaghino, non possiamo certo pensare di dimagrire, semplicemente forzandoci a cambiare comportamento. Se invece cominciamo a pensare a noi stessi come ad individui che ci tengono alla salute e alla forma fisica, se iniziamo a credere che troppa cioccolata sia deleteria per il nostro benessere, allora i nostri comportamenti cambieranno automaticamente, senza sforzi né fatica. Anzi diventerà un piacere mangiarci una bella insalata, sapendo che contribuirà a soddisfare i nostri valori, ciò in cui crediamo, e che farà sentire realizzata la nostra identità di persone in forma.
Un altro esempio della vita di tutti giorni: sicuramente a ognuno di noi è capitato almeno una volta di essere stato un po’ geloso nei confronti del nostro partner. Magari ci dava fastidio che sentisse ancora il suo ex, oppure che avesse un’amicizia troppo stretta con qualcuno dell’altro sesso. Per risolvere la situazione abbiamo cercato di imporre le nostre idee, limitando i comportamenti del partner.
Abbiamo ottenuto dei risultati? Assolutamente no, anzi da quel giorno il nostro partner ha fatto esattamente il contrario di quello che gli avevamo imposto.
Proviamo invece ad agire sulla sua identità, con un discorso di questo tipo: “Sai, quando ti ho conosciuto ho subito capito che sei una persona completamente affidabile, davvero degna di fiducia. Me lo hai dimostrato in tante occasioni. E so anche che, se tu lo volessi davvero, potresti fare a meno di sentire così spesso quel tuo vecchio corteggiatore.
Tu sei una persona così orientata al futuro, sai cosa vuoi e dove stai andando. Non rimanere troppo legata al tuo passato, o potresti correre il rischio di rimanerci imprigionata e bloccata, come con una catena che ti lega e ti trascina in fondo al mare.
Liberati del passato, insegui i tuoi sogni e realizzali. Ora, con me, puoi sentirti protetta e al sicuro...”. Possiamo stare certi che un discorso del genere, così ipnotico ed evocativo, lascerà dei profondi segni nel nostro partner: in qualche modo dovrà essere coerente con l’identità che gli abbiamo dato e sarà suo interesse costruire un rapporto affidabile e duraturo.

1.6 - Identità
L’identità è il nucleo più profondo di ognuno di noi, che costituisce il carattere delle persone e ne determina l’unicità in fatto di valori, modi di essere e di comportarsi. E’ l’identità a definire chi effettivamente siamo. Riuscire ad addentrarsi fino a quel livello così intimo di qualcuno è in genere riservato in modo esclusivo a poche persone, e comunque a persone con cui si condivide un legame molto intimo e confidenziale. Se manca questo rapporto stretto e privilegiato con una persona, è molto difficile riuscire a conquistarla. Tuttavia la personalità di ognuno di noi, oltre ad essere il nostro elemento di definizione, una sorta di etichetta con su scritti gli ingredienti di cui siamo fatti, ha anche un’altra accezione, non del tutto positiva.
Rappresenta infatti una limitazione, che noi stessi ci poniamo in seguito ad eventi forti accaduti durante la nostra vita: affermare di essere in un certo modo, corrisponde infatti a negare di essere in un altro modo. Chiudersi in un’identità significa cioè sensibilizzare il cervello verso una serie specifica di vicende e ricordi, proprio quelli che confermano la nostra idea originaria. E continuare a comportarsi in modo coerente e congruente con quella identità.
Proviamo a pensare ad ogni volta che facciamo un’affermazione su noi stessi, su ciò che siamo o siamo in grado di fare, e soprattutto su ciò che invece non siamo o non siamo capaci di portare avanti. “Io non sono bravo a disegnare, sai non ho per niente creatività.” oppure “Io odio la matematica, con i numeri non ci so proprio fare... non sarà mai il mio mestiere”. Quante volte abbiamo ascoltato o detto simili parole?
Affermazioni come queste derivano proprio dalla percezione che ognuno ha di se stesso, delle sue possibilità e capacità. Percezione che dipende dal nostro vissuto, dalle nostre esperienze di vita, dalle persone che hanno arricchito e arricchiscono la nostra esistenza: in pratica, dai riferimenti che abbiamo archiviato nel nostro jukebox mentale.
E’ proprio il caso di una studentessa molto in gamba, con ottimi risultati in tutte le materie, tranne in quelle che avevano a che fare con i numeri.
Matematica, trigonometria, geometria le causavano notevoli difficoltà ed i voti peggiori della sua pagella. Detestava profondamente quelle materie, anzi, a sentirla parlare, si definiva “geneticamente incapace” a gestire argomenti di tipo scientifico matematico. Diceva che fin dalle scuole medie era stato così e che così avrebbe continuato ad essere, perché lei non era portata per la matematica. Eppure quella stessa ragazza ha poi affrontato gli esami di maturità portando come seconda materia proprio matematica. Non solo, ha scelto anche di proseguire gli studi universitari, iscrivendosi proprio ad una facoltà scientifica. Ed oggi il suo lavoro la porta ogni giorno a confrontarsi con formule e numeri da gestire.
Viene spontaneo chiedersi in che modo questo sia potuto succedere, vista la sua dichiarata inabilità con tutto l’ambito scientifico. Cosa è cambiato?
Semplice, si è ribaltata la sua credenza sulle sue capacità in merito ai numeri. Una convinzione dovuta ad un atteggiamento di critica e disapprovazione che la professoressa di matematica delle scuole medie le aveva sempre riservato.
Sentendosi ripetere ogni giorno e ad ogni compito in classe che lei non era portata, che non aveva la mentalità adatta, quella ragazza non solo aveva finito con il crederci, ma alla fine ha anche incluso questa idea nella sua identità, legando se stessa a quella concezione di “ragazza che non è brava con i numeri”. E’ come se il suo cervello l’avesse boicottata ogni volta che doveva avere a che fare con formule ed equazioni: per rispettare il principio di coerenza, infatti, uno dei principi più forti nella vita di ogni essere umano, si impediva di accedere alle risorse adeguate alla risoluzione di problemi e calcoli. Così lei aveva ogni volta una nuova conferma della sua inadeguatezza e non faceva che rafforzare la sua identità di persona non capace.
Durante l’ultimo anno delle scuole superiori però, una nuova insegnante le fece scoprire quanto questa sua idea fosse sbagliata. E lo fece semplicemente incoraggiandola e complimentandosi con lei per i risultati che invece era in grado di ottenere.
La ragazza si rese conto di quanto, nella definizione di sé, fosse stata influenzata dai commenti negativi degli altri in merito alle sue capacità. E di quanto il suo stato d’animo negativo nei confronti di quelle capacità le avesse impedito di uscire da quel circolo vizioso: “non sono portata, quindi non rendo bene nello studio di queste materie, quindi non sono capace, quindi la matematica non fa per me”. Era come se avesse indossato dei paraocchi che le impedivano di vedere al di là di un certo campo visivo. Come se il pulsante del jukebox per accedere alle sue risorse più preziose le fosse stato nascosto dall’etichetta che le aveva dato la prima insegnante.
Questo esempio è la migliore dimostrazione del fatto che delimitarsi all’interno di una identità è anche una forte limitazione: ci impedisce di accedere a tutte le nostre potenzialità e, di conseguenza, di riuscire al meglio in tutto quello che decidiamo di affrontare. E’ come se il nostro vissuto precedente determinasse le linee lungo cui si svilupperà la nostra vita futura. E’ come se andassimo avanti continuando però a guardarci dietro, senza uscire dai binari del passato.
Ecco perché è molto importante allenarsi ogni giorno alla flessibilità, alla elasticità mentale e di comportamento. Dobbiamo guardarci da questo atteggiamento limitante e svincolarci dai nostri limiti abituali, rompendo ogni schema che ci vuole in un certo modo e ci dice che qualcosa non fa per noi. A volte infatti cerchiamo proprio di autosabotarci: se ad esempio a livello non consapevole non vogliamo raggiungere un obiettivo, troveremo mille ostacoli alla realizzazione del nostro obiettivo. Quante persone vogliono diventare ricche, ma non ci riescono o non si danno da fare con impegno? Sono proprio coloro che in realtà, a livello inconscio, pensano che essere ricchi sia una qualità propria delle persone disoneste, o che
ritengono che l’invidia che scaturisce dal denaro possa far perdere le proprie amicizie. Con delle credenze del genere, il nostro inconscio farà di tutto per sabotare i nostri obiettivi di ricchezza.
Il punto da cui dobbiamo partire è dunque la convinzione che tutti gli esseri umani sono uguali in partenza, e che la diversità subentra solo nel fatto che ognuno sceglie di sviluppare alcune abilità piuttosto che altre. In fondo, se alcune persone hanno scalato la vetta dell’Everest o sono diventate assi del volante, anche noi abbiamo la possibilità di fare altrettanto.
Lo stesso naturalmente vale, come avremo modo di ripetere più volte lungo queste pagine, per la capacità di essere un ottimo seduttore. Possiamo esserlo, fosse solo per il fatto che già qualcun altro lo è stato. Perché questo si realizzi, la cosa principale è innanzitutto imparare ad acquisire la capacità di credere che ciò sia possibile e di immaginarci come un bravo seduttore. Non serve altro che costruire in modo congruente una nostra rappresentazione interna, utilizzando le risorse che più ci piacciono, e cominciare a vivere subito come la persona che vogliamo essere. Proviamo a pensare poi quanto può tornare a vantaggio della riuscita delle nostre strategie seduttive, il conoscere la definizione di identità e soprattutto le sue implicazioni nella vita di ognuno.
Impegniamoci a far capire al nostro potenziale partner quanto sia limitato e limitante il suo definirsi in un certo modo piuttosto che in un altro.
Spieghiamogli quanto, in questo modo, egli non  faccia altro che precludersi la possibilità di diventare qualunque cosa egli voglia provare ad essere. Di più, rendiamoci protagonisti attivi della rottura di uno qualunque dei suoi presunti limiti abituali.
Associando a noi, alla nostra presenza incoraggiante, al nostro essergli vicino la sua crescita e l’abbattimento delle sue limitazioni emotive, che tipo di legame creeremo con lui?
Stiamo pur certi che in poco tempo la sua dipendenza emotiva nei nostri confronti sarà davvero forte. E non potrà più fare a meno di noi perché la sua nuova rappresentazione interiore di sé sarà comunque legata a qualcosa che ha appreso grazie a noi.

1.7 - Stati d’animo
In questi termini, lo stato d’animo altro non è che il risultato delle nostre esperienze, dei nostri riferimenti e delle nostre credenze su noi stessi e sugli altri in un dato istante. E’ come se nello stesso momento, nel nostro jukebox mentale, suonassero decine di canzoni insieme, un mix di tanti fattori che possiamo imparare a controllare in maniera facile e veloce. Le canzoni più forti e influenti sono le nostre rappresentazioni interne, il nostro dialogo interiore e la nostra fisiologia, cioè il modo in cui gestiamo i movimenti e gli atteggiamenti corporei.
A sua volta lo stato d’animo ha una fortissima influenza su quali decisioni prendiamo, o scegliamo di non prendere, e di conseguenza sul modo in cui ci comportiamo, in ogni attimo della nostra vita.
In che modo tutto questo è utile ai fini di un esito positivo delle nostre strategie di seduzione? E’ presto detto: quando una persona ci interessa, e di conseguenza vogliamo attrarla, dobbiamo convincerla che noi siamo proprio la persona più giusta per lei, facendo così modificare l’atteggiamento ed il comportamento che ha nei nostri confronti. E per farlo basta appunto andare ad agire sul suo stato d’animo e sui fattori che lo influenzano.
Riconsideriamo il concetto di rappresentazioni interne: non sono altro che i nostri pensieri, il modo in cui all’interno della nostra mente ci raffiguriamo il mondo. Nella nostra immaginazione infatti ognuno di noi riproduce ricordi, emozioni ed idee per dar loro senso e riviverle. Alcuni vedono immagini fisse, luminose, colorate e nitide come se fossero un quadro situato a poca distanza dai loro occhi. Altri se le raffigurano come in un film, dunque visualizzano una sequenza di immagini in movimento, più sfumate e sfocate.
Ma può darsi anche il caso della predominanza di modalità acustiche di riproduzione interna degli eventi: cioè si sente un suono, oppure una voce che ci parla con un certo tono. Una terza possibilità invece assegna la preferenza alle emozioni interiori; è questo il caso di chi, nel ricostruire mentalmente un certo evento o ricordo, percepisce un certo tipo di sensazioni interiori: un bruciore allo stomaco o un forte batticuore. Tutte queste sottomodalità di rappresentazione personale della realtà sono una vera miniera: variandole possiamo di volta in volta modificare la percezione interiore di ogni cosa, di conseguenza possiamo cambiare sentimenti, emozioni ed atteggiamenti del protagonista di quelle percezioni.
Può essere utile ricorrere ad un esempio chiarificatore: prendiamo dal nostro jukebox un ricordo che è per noi piuttosto sgradevole.
Visualizziamolo su uno schermo mentale immaginario. A questo punto iniziamo ad utilizzare le diverse sottomodalità, così da rappresentare la scena con differenti chiavi interpretative. Ecco che possiamo aumentarne o diminuirne la luminosità, avvicinarci ed allontanarci da essa, come se utilizzassimo lo zoom della telecamera. Inoltre proviamo a sfruttare le potenzialità acustiche: modifichiamo i suoni, le voci, rendiamole più brillanti o più fioche e indistinte. Se allontaniamo il nostro sguardo e oscuriamo la scena, rendendola buia e nebulosa, le emozioni negative associate ad essa diminuiranno. Viceversa consideriamo un ricordo positivo e riviviamolo guardando la scena con i nostri occhi; proviamo a renderlo luminosissimo, con tutte le immagini bene a fuoco:l’effetto sarà sicuramente quello di amplificare tutte le emozioni positive e di migliorare istantaneamente il nostro umore.
Applicando lo stesso meccanismo è possibile cambiare il nostro dialogo interiore. Sarà sicuramente capitato a tutti, almeno in un’occasione, di udire una vocina dentro di noi che ci sussurra: “No, non puoi farcela. Tu sei fatto così, non puoi farci nulla, lascia perdere”. Una vocina che ci fa subito perdere la grinta e spesso abbandonare il conseguimento dei nostri obiettivi. Bene, grazie agli stratagemmi di cui abbiamo parlato, possiamo utilizzare il dialogo interno a nostro vantaggio, per trovare nuova motivazione e conquistare sensazioni di sicurezza e forza interiore, in qualunque momento avessimo bisogno di cambiare.
Ecco un’ottima abitudine da prendere e da ripetere ogni giorno: ritagliamoci cinque minuti per parlare con noi stessi. Utilizziamo questo colloquio interiore per motivarci, ripetendoci frasi come: “Non esistono limiti”, “Posso riuscire”, “Come mi comporterei se fossi sicuro di avere successo in quello che sto facendo?”
Le prime volte dovremo faticare un po’ per staccare la spina dagli altri pensieri e dalle preoccupazioni, ma in poco tempo ci abitueremo a pensare a noi stessi come a delle persone vincenti. Così ogni volta che il nostro dialogo interiore tenterà di sabotarci, basterà solo immaginare di avere il controllo di una vera e propria manopola dell’audio e semplicemente girarla, abbassando l’audio fino a non sentire più quella voce demotivante. Oppure se ci parla con un tono spento e monotono, non dobbiamo far altro che renderla squillante e limpida, o addirittura sensuale: non potremo sentirci ancora depressi, se a parlarci è una voce calda e suadente.
Dal saper utilizzare le strategie di rappresentazione della realtà che gestiamo in modo inconscio, all’applicarle alla sfera della seduzione, il passo è decisamente breve. Prendiamo ad esempio la strategia di accesso allo stato d’animo dell’attrazione. Cos’è che fa scattare in noi l’attrazione per una persona? Quando qualcuno ci affascina? Ci basta vederla? Oppure è la sua voce ad emozionarci? Oppure è la sensazione che proviamo quando siamo con lei a farci capire che ne siamo attratti? Di sicuro, qualunque sia il nostro caso, è certo che chiunque voglia sedurci non dovrà fare altro che utilizzare quella situazione per farci cadere nella sua rete. E, soprattutto, vale anche il contrario: se conosciamo la strategia del potenziale partner, la seduzione andrà sicuramente a segno. Da un punto di vista tecnico, accedere ad uno stato d’animo attraverso il linguaggio dipende dal fatto che il nostro cervello, per comprendere una qualunque struttura linguistica, frase o espressione, deve necessariamente rivivere a livello inconscio l’emozione relativa al significato delle parole.
Tornando alla metafora del jukebox mentale, possiamo affermare che qualsiasi parola equivale ad un pulsante per richiamare una determinata canzone, e quindi un determinato stato d’animo.
Prendiamo per esempio la parola “amore”: chissà quante emozioni diverse suscita in ognuno di noi.
Con quanta facilità accediamo alle nostre canzoni preferite, ai nostri ricordi amorosi e alle nostre emozioni? Questo accade proprio perché durante ogni conversazione, con l’instaurarsi di un rapporto comunicativo tra esseri umani, riempiamo ciò che ascoltiamo di quei contenuti che per noi sono in un certo modo significativi, per dargli un senso. Ecco perciò che le parole diventano delle vere e proprie etichette, ciascuna associata ad una singola esperienza e a precisi stati d’animo.
Ne deriva che ogni momento della comunicazione è un continuo susseguirsi di interpretazione di significati, per mezzo del quale ognuno accede in maniera inconscia a tutte le sue esperienze e alla sua
storia personale.
In generale accediamo in modalità cosciente soltanto ad una minima percentuale dei nostri contenuti e ricordi. La restante parte si riferisce alla  nostra mente inconscia, perciò non ne siamo direttamente consapevoli. Sigmund Freud, padre della psicoanalisi, lo spiega attraverso un paragone con gli iceberg: se ne vede soltanto una piccola porzione, mentre la maggior parte della montagna di ghiaccio rimane nascosta agli occhi dell’osservatore.
Invisibile sott’acqua, ma comunque presente e determinante. Riassumendo quindi, dietro ad ogni nostra decisione, dietro ogni nostra interpretazione della realtà, si celano decine e decine di ragionamenti
inconsci, che vengono attuati ed hanno un senso sulla base delle nostre esperienze passate e dei nostri valori di riferimento. Ecco spiegato ben presto il motivo per cui esistono così tanti punti di vista diversi, tanto che spesso non riusciamo a capirci nemmeno tra amici o tra fratelli: ogni singola parola ha, per ciascuno, un significato diverso e singolare, legato alla personale mappa del mondo, alle credenze e ideali di riferimento. Ognuno ha il suo personale jukebox fatto di esperienze e di vita vissuta.

1.8 - Rompere gli schemi
Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, gli stati d’animo non vanno legati ad una connotazione superficiale; sono come le foglie di un albero: una parte esteriormente visibile, che tuttavia ha origine da radici che affondano nelle profondità del terreno.
Allo stesso modo gli stati d’animo sono elementi del nostro modo di essere che nascono dagli strati più intimi della nostra personalità: hanno a che fare con l’identità di una persona, con i suoi valori. Tutto dipende da ciò in cui ognuno di noi crede, a quali principi ed ideali si affida giorno per giorno.
Da questo deriva soprattutto l’interpretazione che ciascuno di noi si dà di se stesso, ovvero il tipo di persona che ognuno ritiene di essere. Ed è proprio questo che dobbiamo scoprire, se vogliamo che le nostre strategie seduttive abbiano una buona riuscita.
La prima regola dell’attrazione è infatti che “il simile si attrae col simile”. Accanto a questa necessità di circondarsi di persone quanto più vicine al nostro modo di essere e di vivere, tutti ricerchiamo la soddisfazione di esigenze emotive, quali comprensione, accettazione, sostegno. Detto in altri termini, tutti noi siamo alla ricerca di rapporti di tipo empatico: vogliamo stringere relazioni significative con il prossimo, abbiamo bisogno di costruire rapporti intensi, basati sull’armonia di carattere e spirito, quel tipo di sintonia particolare che in genere si commenta con frasi del tipo “abbiamo la stessa lunghezza d’onda”, oppure “parliamo lo stesso linguaggio”, che la maggior parte di noi ha di sicuro avuto già la fortuna di
sperimentare.
C’è solo un modo per capire come sono le persone con cui entriamo in relazione: comunicare con loro. La comunicazione è l’unica possibilità per togliere la maschera a tutti quelli che abbiamo di fronte, per vederne il vero volto e capire chi sono. La comunicazione è il segreto per costruire un rapporto armonico e complice con gli altri, per riuscire a vedere il mondo dallo stesso punto di vista, o quantomeno a comprendere e rispettare punti di vista diversi dal nostro. Una volta delineata la soggettività della persona che abbiamo di fronte, esiste una particolare strategia alla cui attuazione possiamo ricorrere per costruire con lei un rapporto profondo, un legame forte: aiutarla a crescere spiritualmente.
Se riusciamo a legare la nostra persona al miglioramento delle condizioni emotive degli altri, standogli accanto e sostenendoli lungo il percorso della loro crescita spirituale, avremo creato un legame molto forte che ci unirà in un modo assolutamente unico, tanto da renderci una presenza difficilmente sostituibile, quasi irrinunciabile nella loro vita.
Ci sarà capitato spesso che uno dei nostri amici o magari proprio una persona che ci interessava conquistare, si sentisse particolarmente giù di morale. E magari motivasse il suo rifiuto ad un nostro invito, dicendo “Scusa, ma oggi non è proprio giornata per uscire, sai sono davvero triste...”. In una situazione come questa, proviamo a dirle che la depressione in fondo, come qualsiasi altro stato d’animo, è un’emozione che noi abbiamo creato e che quindi noi possiamo combattere e sconfiggere. In che modo? Semplicemente utilizzando il jukebox mentale di cui abbiamo parlato prima. Proviamo quindi ad aiutarla ad
accedere ad un nuovo stato d’animo, una nuova canzone del suo jukebox mentale: modificando il modo in cui parla, il cosiddetto dialogo interiore, e il suo atteggiamento fisiologico. La persona depressa avrà sicuramente gli occhi bassi e spenti, le spalle curve e la testa china. Parlerà con tono mesto, si ripeterà continuamente quanto sia depressa e triste e che brutta giornata stia vivendo. Proviamo a scuoterla per le spalle, con una dolce fermezza, alzandole il viso e facendole volgere lo sguardo all’insù. Diciamole con tono tranquillo: “Ascoltami, fai un paio di bei respiri profondi e guardati intorno a testa alta. Dì dentro di te che oggi è una giornata splendida, che non vedi l’ora di viverla. Dì che ti senti fiducioso e sereno, che sai di potercela fare, qualunque cosa accadrà e che perciò ti senti alla grande. Sai quando ti senti davvero bene, profondamente in pace con te stesso? Ora, non ti sembra che vada già meglio? Allora perché non ci andiamo a prendere un bel gelato?”. Non solo in un modo quasi istantaneo sarà cambiato il suo stato d’animo, e dunque l’avremo fatta uscire dalla sua tristezza, ma avremo anche legato questo suo rasserenamento al nostro aiuto e alla nostra presenza al suo fianco.
C’è una scena di un film comico di qualche anno fa che spiega molto bene il concetto di congruenza emotiva di cui stiamo parlando: “L’aereo più pazzo del mondo”. Il film è ambientato all’interno di un aereo di linea, il cui volo è un susseguirsi di disavventure e incidenti al limite del paradossale, in un susseguirsi di gag comiche e demenziali. Una delle passeggere in particolare non regge allo stress e cade preda di una crisi di panico: la donna trema, urla e piange disperata. Una delle hostess le si avvicina quindi con l’intento di calmarla. I suoi iniziali modi gentili si trasformano all’improvviso: afferra la donna per le spalle, la scuote con veemenza e le urla con tono aggressivo: “Si calmi signora, si calmi!”. Inutile dire che la donna continua a strillare e tremare dal terrore. Uno dei passeggeri arriva quindi in aiuto dell’hostess: “Signorina, lasci provare me”. Ha l’aria mite, un tono molto dolce e comprensivo. Anche lui però afferra la signora isterica, le urla di calmarsi e addirittura le molla un sonoro ceffone. La crisi di panico della signora prosegue. E’ così che si forma una lunga fila di passeggeri che vogliono a loro volta tentare di “calmare” la signora, susseguendosi uno dopo l’altro con metodi quanto mai brutali.
L’estrema comicità della scena gioca appunto sulla incongruenza tra il messaggio che i passeggeri vogliono trasmettere alla poveretta spaventata e i mezzi che utilizzano per farlo.
Trasmettere un messaggio congruente significa quindi essere calmi se vogliamo indurre calma, essere interessati se vogliamo indurre interesse e così via. Perché in questo modo possiamo accedere direttamente al jukebox del potenziale partner, lavorando a stretto contatto con la sua identità.
Proprio per questo la congruenza è un mezzo estremamente efficace per creare sintonia con la persona che ci interessa.

1.9 - Parole magiche
Se riusciamo anche ad utilizzare il linguaggio in modo mirato, allora possiamo aumentare considerevolmente la nostra capacità seduttiva.Utilizzare un certo vocabolario significa accedere alle rappresentazioni interiori che una persona lega a determinati termini. Ciascuna parola, all’interno del jukebox mentale del nostro interlocutore, ha infatti uno specifico retroscena. Così facendo quindi potremo ricercare il suo disco preferito, accedere ai suoi stati d’animo più profondamente emotivi. Durante le nostre conversazioni cerchiamo perciò di ripetere spesso termini positivi, legati ad emozioni forti, come amore o serenità o fiducia. Per comprenderli il cervello della persona che ci ascolta dovrà per forza avere accesso, a livello inconscio, alle sensazioni positive, a ricordi ed esperienze di vita che per lei, solo per lei, significano amore, serenità, fiducia.
Padroneggiare questo meccanismo della nostra mente è molto importante, perciò è opportuno ripeterlo ancora una volta: ogni parola che utilizziamo, va ad agire sulla rappresentazione interiore di sé e del mondo che ogni persona gestisce a livello inconscio. A differenti rappresentazioni corrispondono diversi stati d’animo, e cambiare rappresentazione significa cambiare stato d’animo.
Se siamo tristi e depressi ci verranno in mente solo ricordi negativi, e vivremo emozioni altrettanto negative. Ma pensando ad un ricordo piacevole o ad una emozione positiva, il nostro umore migliorerà in maniera sensibile. Utilizzando un certo tipo di parole piuttosto che altre, perciò, saremo in grado di far accedere la mente inconscia dell’altra persona a ricordi positivi, che ne cambieranno lo stato mentale. Esiste poi un ulteriore legame che rappresenta l’anello di congiunzione tra l’interiorità e l’esteriorità delle persone: ogni nostro stato d’animo si concretizza nelle decisioni che prendiamo o preferiamo non prendere e nei comportamenti che attuiamo o rimandiamo.
Facciamo un esempio: abbiamo proposto alla persona che ci interessa e che vogliamo conquistare, di uscire la sera per andare al cinema. Lei ci risponde: “Ti ringrazio, ma oggi ho litigato con mia madre e sono di umore nero. Non ne ho davvero voglia, magari un’altra volta...”. Non dobbiamo abbatterci, bensì tentare di modificare il suo stato d’animo. Probabilmente avrà la testa piena di ricordi negativi, che le suscitano emozioni altrettanto negative come rabbia e tristezza; emozioni che effettivamente non depongono a favore di una serata spensierata al cinema. Dobbiamo quindi parlarle utilizzando termini e parole che le facciano rievocare emozioni e ricordi di tipo più allegro e solare. In questo modo la sua rappresentazione interiore e di conseguenza il suo stato d’animo miglioreranno, e probabilmente ci risponderà: “Grazie, mi hai fatto tornare il buonumore. Sai che ti dico? Un cinema ci sta proprio bene stasera!”.
Certo, non sempre gli stati d’animo hanno un nome ben preciso, come attrazione, estasi, entusiasmo. Alcuni possono rimanere più vaghi e indefiniti, come quando diciamo di non sentirci molto bene.
Altri ancora, a ben guardarli, non sono veri e propri stati d’animo, ma solo degli elementi strumentali che ci servono per raggiungere i nostri valori più profondi. Ecco perché possiamo affermare con tranquillità, e soprattutto senza retorica, che soldi, bellezza, posizione sociale non contano poi così tanto nella vita. Perché sono solo degli strumenti cui si ricorre per raggiungere dei valori importanti.
Ora invece sappiamo che ognuno di noi ha a disposizione strumenti più efficaci, sempre disponibili e facili da usare, e soprattutto accessibili, con cui poter soddisfare quegli stessi valori.
Diventare consapevoli del fatto che possiamo gestire in maniera facile e immediata i nostri stati d’animo e quelli degli altri, significa possedere una capacità infinitamente potente: avere la chiave per aprire qualsiasi porta e trascorrere una vita serena e soddisfacente.
Trovarsi in uno stato d’animo produttivo è essenziale nella vita: significa sentirsi bene in ogni momento, raggiungere la serenità emotiva, riuscire a prendere buone decisioni. Significa anche saper valutare con obiettività e ottimismo tutti i problemi che ci si dovessero presentare: può davvero fare la differenza. Uno stesso problema ci sembrerà irrisolvibile e insormontabile, se lo guarderemo con l’animo appesantito dalla preoccupazione e dall’ansia. Vedremo tutto nero e ci sentiremo senza una via d’uscita. Se invece manteniamo uno sguardo sereno e ottimista, sarà più probabile individuare soluzioni e comunque non lasciarsi soverchiare dal malumore.
Ciò su cui dobbiamo veramente concentrarci è la nostra capacità di creare un mondo fantastico in cui vivere. Non permettiamo che la persona che desideriamo passi la sua vita a lamentarsi o a stare male. Quando sta con noi, deve capire che il mondo è un posto bellissimo in cui vivere e può essere felice anche lei. Mostriamogli per primi la nostra sicurezza, la nostra gioia di vivere e la conquisteremo in un attimo. Se con noi sta davvero così bene, se davvero riusciamo a creare in lei una luce di speranza, allora sarà la prima a capire quanto vale la positività che sprigioniamo. Ricordiamoci infatti che lo stato d’animo è contagioso. Essere positivi, emanare energia significa il più delle volte coinvolgere nella nostra allegria le persone che ci sono vicine. Quindi la prima mossa per suscitare l’interesse del potenziale partner verso di noi, è proprio quella di mostrarsi sempre solari e positivi con lui, mettendosi in uno stato di sincero interesse nei suoi confronti: dimostriamo curiosità e voglia di conoscere lui e le sue doti, per scoprire se possiede delle caratteristiche che lo rendano realmente speciale e in grado di offrirci davvero qualcosa di valore

 
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